Vinitaly 2015 ha ospitato quest’anno oltre 170 aziende produttrici di
vino certificate bio, sei provenivano dalla Regione Marche: l'azienda
agrobiologica San Giovanni, la cantina Offida e la società agricola Ciù
Ciù, tutte nel Comune di Offida (Ascoli Piceno), la società agricola
Pievalta a Maiolati Spontini (Ancona) e l'azienda vinicola Costadoro a
San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno).
Oggi, tra i prodotti biologici possiamo dunque annoverare anche il vino.
… ma cosa significa “Vino biologico”? Lo abbiamo chiesto ad alcuni
esperti, intervenuti ai “Giovedì del Gusto” organizzati a Milano da
Regione Marche per presentare le eccellenze enogastronomiche
marchigiane.
Il vino biologico è un prodotto che deriva da un metodo di coltivazione
con regole ben precise, che esclude l’uso di antiparassitari o concimi
chimici di sintesi.
Per la fertilizzazione dei terreni, ad esempio, sono impiegati concimi
organici, e per la difesa delle coltivazioni da parassiti, si agisce
preventivamente rinforzando le piante (ad esempio con concimazioni
equilibrate), in modo diretto con trattamenti antiparassitari di origine
naturale (es. rame, zolfo, estratti di piante, ecc.) o impiegando la
lotta biologica (uso di organismi viventi antagonisti dei parassiti).
La differenza tra vino “tradizionale” e biologico è sostanzialmente
nell’assoluta mancanza di sostanze chimiche. Contiene inoltre più
sostanze utili per l’organismo umano, come il resveratrolo che numerose
ricerche scientifiche hanno dimostrato essere un protettivo per il
sistema cardiocircolatorio.
Perché dunque scegliere un vino prodotto con uve ottenute da Agricoltura
Biologica? Perché è sinonimo di qualità, genuinità e perché tutela la
salute del consumatore e dell’agricoltore, rispettando e salvaguardando
l’ambiente.
Finalmente l’8 febbraio 2012, il Comitato per la regolamentazione
sull’Agricoltura Biologica dell’Unione Europea (SCOF – Standing
Committee on Organic Farming) ha votato una legislazione comunitaria
europea specifica che normasse la trasformazione delle uve a vino
biologico. Dal 1 agosto 2012 è entrato in vigore il nuovo Regolamento
che, oltre a normare tutte le tecniche di vinificazione biologica,
permette di confezionare i vini dichiarando in etichetta “vino
biologico” e non più “vino da uve biologiche” e la possibilità di
utilizzare il logo europeo che identifica il prodotto biologico in tutto
il mondo.
giovedì 29 ottobre 2015
lunedì 26 ottobre 2015
Il valore della filiera: l’esperienza di Enzo Rossi – La Campofilone
Durante
gli incontri dei “Giovedì del Gusto” di Regione Marche abbiamo
spessissimo sentito parlare di filiera, di piccole aziende
marchigiane che, singolarmente, conferiscono le materie prime utili
alla produzione di pasta e concorrono tutte insieme alla
realizzazione di prodotti eccellenti, sani, sicuri tracciabili.
Ma
parlare di pasta è riduttivo …. L’azienda Campofilone si è
organizzata al proprio interno secondo un’”involuzione
culturale controllata” ed è quindi tornata a produrre come
alla fondazione del 1912.
Ha
acquistato 120 ettari per prodursi il grano, un pollaio di 1000 mq,
dove vivono ben 7000 galline, per prodursi le uova.
Il
grano è salubre, naturale, non trattato con fitofarmaci, pesticidi,
usando concimazione organiche, un quantitativo piccolissimo di azoto
con un pochino di anidride solforosa, per disinfettare il terreno e
le foglie e, soprattutto, aumentare la tenacità del glutine nella
pasta.
Le
galline si nutrono con mangimi naturali, solo cereali, devono vivere
bene e non essere schiave. Infatti vivono ben più di 2 anni e poi
vengono regalate al vicinato, perché si possa godere ancora qualche
bell’uovo fresco.
Grazie
a tutto ciò i maccheroncini di Campofilone sono certificati QM,
Qualità Marche e sono tracciabili, sicuri e buonissimi.
L’azienda
ha infine avviato una collaborazione con due università, ed è stata
fatta una ricerca su 60 persone sane, che mangiando 70 gr di pasta
hanno sviluppato emissioni insuliniche del 50/55% inferiori rispetto
all’assunzione degli zuccheri. Questo dimostra che anche i
diabetici potrebbero permettersi un poco di pasta, con grande piacere
anche per lo spirito.
giovedì 15 ottobre 2015
FRESCHISSIMO O FREDDISSIMO: DAL CAMPO ALLA TAVOLA. Ortaggi: Le Marche leader nella III e IV Gamma
Nel nostro correre
quotidiano spesso, nel fare la spesa al supermercato, si acquistano
insalate già pronte ed imbustate per risparmiare tempo nel "mettere
in tavola".Ci siamo mai chiesti
quale prodotto stiamo veramente acquistando? Ai “Giovedì
del Gusto” di Regione Marche sono state presentate le
peculiarità di queste verdure, coltivate appunto sul territorio
marchigiano, denominate di IV gamma e nate dalla necessità di
soddisfare le richieste di una clientela sempre più rigorosa, di un
consumatore sempre più attento ed esigente.I mix di prodotto
sono belli da vedere e buoni da gustare: insalata poker con carote,
con finocchi, con cipolla o 4 gusti; cuore di scarola, cuore di
riccia, rucola, insalata mista, carote per insalata sono solo alcune
delle buste che possiamo acquistare nella GDO con assoluta
tranquillità, perché il processo di produzione e il
confezionamento segue rigidi disciplinari al fine di garantire, la
freschezza, la qualità è la bontà dei prodotti.Tutto il ciclo
produttivo e di confezionamento viene realizzato in azienda con
l'ausilio di macchinari e supporti informatici che rendono, in ogni
fase della lavorazione, costantemente efficace il sistema di
rintracciabilità che permette in qualsiasi momento di risalire ai
lotti di provenienza della materia prima impiegata ogni giorno.
Infine una efficiente rete distributiva, dotata unicamente di mezzi
refrigerati, rende possibile recapitare ai punti vendita il prodotto
in busta entro le 24 ore dal momento della raccolta sul campo. Tutto
al fine di portare sulle nostre tavole prodotti di ottima qualità,
freschi fragranti e sicuri.
venerdì 9 ottobre 2015
OLIO, ENERGIA PER LA VITA. Gli oliomonovarietali marchigiani e…. non solo
Nel contesto dei “Giovedì del Gusto”, organizzati da Regione Marche in
occasione di Expo 2015, un appuntamento è stato totalmente dedicato
all’olio, in particolare all’olio monovarietale, protagonista della
Rassegna Nazionale Olii Monovarietali, giunta quest’anno alla 12°
edizione.
L’olivo è radicato da secoli nel territorio marchigiano. Si parla dell’olio di oliva delle Marche e della sua qualità già nel periodo medievale, più precisamente nel periodo delle Signorie, quando “l’olio de Marchia” doveva essere separato dalle altre produzioni similari per essere rivenduto a un prezzo superiore in virtù del suo colore e sapore.
La ricchezza dell’olivicoltura marchigiana è oggi legata a un patrimonio genetico estremamente variegato; le numerose varietà autoctone caratterizzano fortemente il prodotto marchigiano e lo arricchiscono di storia, cultura, tradizione e paesaggio. Tali varietà sono diffuse da secoli in areali circoscritti e si sono adattate nel tempo alle caratteristiche climatiche e pedologiche locali.
Oggi il settore si distingue per una forte vitalità, un sempre maggiore numero di imprese che producono e confezionano ed un’attenzione crescente alla qualità.
Nel 2004 è stata riconosciuta dall’Unione europea la DOP Cartoceto, prima Denominazione di Origine Protetta per l’olio extravergine di oliva nelle Marche, nel 2006 è stata riconosciuta, a cavallo tra le province di Ascoli Piceno e di Teramo, la DOP per l’oliva da mensa Oliva Ascolana del Piceno.
Infine grazie al QM-Qualità Marche, il marchio regionale di qualità, molti oli possono fregiarsi della certificazione di olio monovarietale autoctono marchigiano. Anche l’IGP Marche è un progetto in dirittura d’arrivo.
L’olivo è radicato da secoli nel territorio marchigiano. Si parla dell’olio di oliva delle Marche e della sua qualità già nel periodo medievale, più precisamente nel periodo delle Signorie, quando “l’olio de Marchia” doveva essere separato dalle altre produzioni similari per essere rivenduto a un prezzo superiore in virtù del suo colore e sapore.
La ricchezza dell’olivicoltura marchigiana è oggi legata a un patrimonio genetico estremamente variegato; le numerose varietà autoctone caratterizzano fortemente il prodotto marchigiano e lo arricchiscono di storia, cultura, tradizione e paesaggio. Tali varietà sono diffuse da secoli in areali circoscritti e si sono adattate nel tempo alle caratteristiche climatiche e pedologiche locali.
Oggi il settore si distingue per una forte vitalità, un sempre maggiore numero di imprese che producono e confezionano ed un’attenzione crescente alla qualità.
Nel 2004 è stata riconosciuta dall’Unione europea la DOP Cartoceto, prima Denominazione di Origine Protetta per l’olio extravergine di oliva nelle Marche, nel 2006 è stata riconosciuta, a cavallo tra le province di Ascoli Piceno e di Teramo, la DOP per l’oliva da mensa Oliva Ascolana del Piceno.
Infine grazie al QM-Qualità Marche, il marchio regionale di qualità, molti oli possono fregiarsi della certificazione di olio monovarietale autoctono marchigiano. Anche l’IGP Marche è un progetto in dirittura d’arrivo.
venerdì 21 agosto 2015
Il prosecco di Toni Doro a 'CamExperience' ad Expo 2015
“Came per il territorio” è lo spazio di CamEXperience che vede come protagonista indiscusso il Veneto e accoglie i migliori produttori del territorio. Grazie alla collaborazione con la start-up trevigiana Delicanto (Luxury Tour Operator), sono infatti stati selezionate le migliori eccellenze venete del settore enogastronomico. Ospiti di Came, avranno l’opportunità di raccontare, con degustazioni ed eventi speciali quali il progetto “Le mani in pasta” e “Miti e leggende venete”, le proprie storie sia sul cibo che sulla cultura contadina, mettendo a confronto tipicità e diversità, trasmettendo i saperi e sapori della propria terra. Tortellini, pasta all’uovo, salse, confetture e mostarde, biscotti, tutti prodotti tipici con una storia di famiglia, o una ricetta antica tramandata di generazione in generazione da raccontare.
Fra le altre partecipa in questi giorni anche l'azienda agricola Toni Doro di Cozzuolo di Corbanese.
Nel 1956 il capostipite dell'azienda, Antonio Doro, arrivò in queste terre tra le più suggestive del comune di Vittorio Veneto.
La vigne, collocate tra le colline di Carpesica, ricadono all'interno della denominazione Conegliano-Valdobbiadene DOCG, che è conosciuta nel mondo per essere l'incontro tra una natura forte e generosa e la sua gente operosa e gentile.
La tradizione di viticoltori, che parte dalla fine dell'ottocento, è stata tramandata di padre in figlio fino ad arrivare a Silvano e Massimo Doro che hanno intitolato al nonno Toni, come era conosciuto da tutti, la propria azienda. Questo è il segno di un legame forte con la terra, che i fratelli non hanno ricevuto in eredità dai loro avi ma l'hanno avuta in prestito dai loro figli. Una filosofia che spinge ad un approccio sempre più ecocompatibile nel pieno rispetto del territorio che li
ospita.Una passione che si tramuta prima in lavoro e poi in Prosecco.
Fra le altre partecipa in questi giorni anche l'azienda agricola Toni Doro di Cozzuolo di Corbanese.
Nel 1956 il capostipite dell'azienda, Antonio Doro, arrivò in queste terre tra le più suggestive del comune di Vittorio Veneto.
La vigne, collocate tra le colline di Carpesica, ricadono all'interno della denominazione Conegliano-Valdobbiadene DOCG, che è conosciuta nel mondo per essere l'incontro tra una natura forte e generosa e la sua gente operosa e gentile.
La tradizione di viticoltori, che parte dalla fine dell'ottocento, è stata tramandata di padre in figlio fino ad arrivare a Silvano e Massimo Doro che hanno intitolato al nonno Toni, come era conosciuto da tutti, la propria azienda. Questo è il segno di un legame forte con la terra, che i fratelli non hanno ricevuto in eredità dai loro avi ma l'hanno avuta in prestito dai loro figli. Una filosofia che spinge ad un approccio sempre più ecocompatibile nel pieno rispetto del territorio che li
ospita.Una passione che si tramuta prima in lavoro e poi in Prosecco.
lunedì 17 agosto 2015
Il percorso Aquositas lungo il Monticano
Il
percorso di Aquositas, il circuito delle terre d'Acqua, tocca nel
mese di luglio molti fiumi del Veneto.Fra questi il Monticano, lungo
il quale i comunicatori e i giornalisti della rete dei Borghi Europei
del Gusto, stanno costruendo un itinerario del gusto.
Il Monticano
attraversa Conegliano, dove il "canale Refosso" lo metteva
in collegamento con il torrente Ruio.
Siamo entrati in
punta dei piedi nella pasticceria
caffetteria Dolce Caffè in via Lourdes. Un buon caffè
(firmato da Lazzarin Cafè di Susegana ), un croissant alla crema da
leccarsi letteralmente i baffi.
Dolce Caffè innova
il tradizionale modo di gustare dolci, pasticcini, e caffè
all’interno di uno spazio dal design minimal e contemporaneo, con
uno stile informale, ricercato e adatto alle moderne esigenze. Il
locale è affacciato su via Lourdes, appena fuori dal centro storico
e dispone anche di un giardino estivo lungo uno dei piccoli fiumi che
attraversano Conegliano, dove è un piacere prendere il fresco
d’estate. La qualità e la maestria nell’arte della pasticceria
sono garantite dall’esperienza. Il Dolce Caffè ha aperto da
qualche anno, ma è legato alla famiglia che gestisce l’Alpago ,
una delle pasticcerie storiche e più rinomate della città del Cima.
La specialità della
caffetteria sono naturalmente le paste, i pasticcini, le torte
preparate per le diverse occasioni (compleanni, anniversari, feste di
laurea, addii al celibato e al nubilato, matrimoni), i semifreddi e i
dolci tradizionali, come panettoni artigianali, colombe, uova
pasquali e focacce. Un vero must sono le colazioni in grado di dare
il perfetto buongiorno in qualsiasi giornata. Inoltre al Dolce Caffè
si possono gustare anche aperitivi a base di prosecco, spritz, e
drink della casa da accompagnare, oltre che con il dolce, anche con
il salato di pizzette, patatine, tramezzini.
Passa il tempo,
scorrono le ore e una sosta all'Antica Trattoria Piave di Piazza
Sant'Antonio, è uno dei riti ai quali piacevolmente non ci
sottraiamo. Un'onda di cicchetti alla veneta, ben innaffiati da vini
generosi e una cucina da sempre casalinga, rappresentano per davvero
il meglio di questa osteria di sempre.
Tutti i giorni in
base alle stagioni potrete provare, sia al banco sia a tavola, una
selezione dei cicchetti: frittura di pesce, sarde in saor, polenta e
baccalà alla vicentina, polenta e musetto, polpette fritte e/o in
umido, ecc. Tutti i giorni a pranzo dal lunedi al venerdi è
possibile gustare alcuni piatti veneti tra i quali pasta e fagioli,
bollito, baccalà, trippe .
I ricordi della
piena del Monticano, la vecchia caserma dei vigili del fuoco, i
luoghi della nostra infanzia : tutto sembra suggerire un ritorno
all'antico.
L'osteria come luogo
dei nostri desideri, una sorta di tempio laico, ove si discute si
parla si comunica, al di fuori delle uggiose abitudini di una società
inamidata.
Ma corriamo per un
attimo verso la Chiesa di San Martino.
La chiesa dei Santi
Martino e Rosa (in veneto locale Cesa de San Martin) è un edificio
sacro di Conegliano, situato nel piazzale omonimo, con la facciata
rivolta verso il Monticano.
Luogo sacro di
antica origine, già presente nella prima metà del XIV secolo legata
a un monastero, la Chiesa di San Martino è stata ricostruita per
volontà della comunità dei frati domenicani tra 1674 e 1730, quando
assunse l'aspetto che ancora oggi la caratterizza.
Due episodi
interessarono la chiesa nel primo Novecento: il primo riguarda la non
realizzazione della facciata che l'architetto Vincenzo Rinaldo,
autore della facciata della Chiesa dei Santi Rocco e Domenico, era
impegnato a progettare, cosicché il prospetto principale restò
disadorno; il secondo episodio invece segna la storia della chiesa in
modo irreversibile: durante i bombardamenti della Grande Guerra
l'edificio venne colpito in molte sue parti, cosicché la parrocchia
dovette attivarsi nella ristrutturazione dell'edificio nella sua
totalità.
Oggi la Chiesa dei
Santi Martino e Rosa si incontra, maestosa, nella piazza omonima,
dopo aver passato il ponte sul Monticano, fiume verso il quale la
chiesa guarda.
Dal 1921 è retta
dai Giuseppini del Murialdo, il primo ordine religioso che vi entrò
dopo che Napoleone aveva fatto chiudere il convento nel 1806.
Nel piazzale vi è
uno dei maestri (a parer nostro e dei coneglianesi), della norcineria
veneta. Eugenio Montagner,
nella sua salumeria macelleria, propone da anni il meglio
delle carni venete, aiutato ormai dalla seconda generazione di
famiglia ( il figlio Nicolò). Cresciuto negli anni con il semplice
passaparola e la stima dei consumatori,Eugenio ha 'popolato' la sua
bottega di sopresse deliziose.
Le soppresse, così
come musetti, salami e altri insaccati, venivano preparati presso le
famiglie contadine dall’esperto del luogo. Dopo l’uccisione del
maiale si provvedeva alla lavorazione della carne e alla preparazione
dei vari prodotti. Era quello un periodo di intenso lavoro
comunitario ma anche di grande festa e abbondanza. Vari documenti
testimoniano che già nel 1800 tali prodotti venivano appesi per 8-10
giorni nelle cucine in presenza di un braciere acceso, allo scopo di
asciugare il prodotto fresco. Dopo questo breve periodo essi venivano
posti in cantina o in un sottoscala fresco e sterrato per la
conservazione.
La stagionatura fa
assumere esternamente alla soprèssa il colore prima biancastro e poi
grigio-marrone scuro della muffa di cui si ricopre. Al taglio, la
carne appare di colore rosso tendente al rosaceo, con la
caratteristica irregolare marezzatura bianca dovuta alla componente
di grasso che avvolge la parte proteica.
venerdì 14 agosto 2015
I Percorsi della Fede a Zerman : la Chiesa di S.Elena Imperatrice
Il Bar Le Tentazioni di Zerman (Mogliano) ha ospitato lo stage di informazione della tramissione multimediale L'Italia del Gusto, sotto forma di 'Aperitivo in Piazza Don Antonio Sala.'
Si è trattato di uno degli appuntamenti del progetto La Piazza dell'informazione, 'tracce di filò urbano, per una comunicazione ritrovata. "
L'architetto Prete ha raccontato la storia della Chiesa di S.Elena Imperatrice, per i Percorsi della Fede.
" La sua storia è stata a lungo legata alla pieve di Casale sul Sile, di cui ha costituito una cappella e da cui si affrancò nel 1596. Nel 1804 il vescovo di Treviso Bernardino Marin, C.R.L. le concede il titolo arcipretale. L'edificio ha assunto le forme attuali nel 1895, avendo il parroco don Domenico Scabello affidato all'architetto Giuseppe Segusini l'incarico di progettare una nuova chiesa (1870). L'architetto feltrino, molto attivo nel campo dell'arte sacra, le diede un aspetto spiccatamente neorinascimentale.
Esterno
La facciata si caratterizza per l'ampio pronao abbellito da due colonne ioniche e culminante con un timpano a tutto sesto; al corpo centrale sono affiancate due ali culminanti con due quarti di cerchio. Sulle sommità del timpano e dei quarti sono degli ornamenti in ferro battuto. Sulla facciata sussiste, un affresco della patrona attribuito alla scuola del Veronese, se non al Veronese stesso.
Sagrato
Presso il sagrato, il 10 aprile 1827, fu eretta una colonna romana sulla quale venne posta una statuetta della patrona. Questo spazio era in passato utilizzato come cimitero, al quale è legata una curiosa vicenda: verso la fine del XVI secolo fu teatro di una rissa che vide la morte di un uomo; benché il camposanto fosse stato riconsacrato, per diverso tempo la comunità, molto turbata, non volle seppellirvi i propri morti, tant'è che il vescovo di Treviso, mentre effettuava una visita pastorale, constatò la presenza di alcune bare nascoste nella chiesa, alcune con persone morte da mesi.
Interno
L'opera più pregevole degli interni è sicuramente la pala dell'altar maggiore: una Madonna con Bambino e santi opera di Palma il Vecchio. Sugli altari laterali si hanno, a sinistra, una Madonna del Parto attribuita a Carletto Caliari, figlio del Veronese, e, a destra, un Sant'Antonio di ignoto. Sconosciuti anche gli autori degli altri due dipinti della navata destra, un Martirio di san Sebastiano e una Madonna del Rosario. Nei pressi dell'ingresso è collocata una terracotta smaltata che rappresenta una Madonna con Bambino.
Degni di nota sono anche due stendardi dipinti ad olio su tela. Il primo, di scuola romana, risale al XVI secolo raffigura due Scene della vita di Sant'Elena. Il secondo, di scuola veneziana, è del XVIII secolo, mostra una Madonna con Bambino e san Domenico. Sono presenti altre due pale, della fine del XX secolo, del pittore Oleg Supereko.
Due sono i progetti che riguardano Mogliano Veneto e il suo territorio.
La Piazza dell'informazione è una iniziativa di animazione urbana,realizzata in collaborazione con gli operatori commerciali del territorio. Incontri, interviste,degustazioni nell'arco di una giornata, per una comunicazione ritrovata.
Due gli appuntamenti realizzati : in piazza San Pio X e in piazza don Antonio sala a Zerman.
Il secondo progetto riguarda le Vie dei Mulini lungo il fiume Zero, da Zero Branco a Marcon.
Lo sfruttamento delle acque dello Zero permise la costruzione di numerosi mulini sin dal medioevo, alcuni dei quali funzionarono a pale sino agli anni sessanta del Novecento. La maggior parte di queste strutture furono aperte a partire dalla metà del XVI secolo quando, attraverso il canale artificiale di San Marco ed una roggia, fu aumentata la portata del fiume sottraendo grosse quantitativi d'acqua al Sile.
Sappiamo che nel 1678 erano funzionanti lungo il percorso dello Zero otto mulini, per un totale di diciassette ruote. I più antichi erano i mulini "Contarini" di Levada e "Tiveron" di Sant'Alberto, risalenti al Cinquecento. Quindi, scendendo verso la foce, si incontravano il mulino di Sant'Alberto (1667, sempre dei Contarini). Giunti a Zero Branco, si incontrava il mulino dei Grimani (seconda metà del XVII secolo, ricostruito nel 1727). Poi il mulino di Campocroce, il mulino del Terraglio a Mogliano (1663, appartenente al medico Francesco Brachi). A Marcon si trovavano invece il mulino dei Priuli, demolito nell'Ottocento, e il mulino Bonisiolo: già proprietà delle monache di Santa Caterina di Venezia, ha funzionato sino al 1970.
I due progetti verranno presentati nel corso degli Stati Generali della Comunicazione Territoriale che si terranno in Istria dal 18 al 20 settembre.
Comunicare per Esistere al Bar Le Tentazioni di Zerman di Mogliano
Il Bar Le Tentazioni di Zerman (Mogliano) ha ospitato lo stage di informazione della tramissione multimediale L'Italia del Gusto, sotto forma di 'Aperitivo in Piazza Don Antonio Sala.'
Si è trattato di uno degli appuntamenti del progetto La Piazza dell'informazione, 'tracce di filò urbano, per una comunicazione ritrovata. "
Dopo la presentazione della storia della Chiesa di S.Elena Imperatrice, si è svolta una degustazione, proposta da Nicoletta e Maurizio,numi tutelari del bar Le Tentazioni.
Il locale, oltre ad offrire tutti i servizi di tradizione, è diventato anche un punto di incontro della comunità, ove è possibile acquistare il pane artigianale e scegliere tra una ampia gamma di salumi di qualità.
Ecco allora i buoni vini dell'azienda agricola Sandre di Campodipietra, il pane de Il Buon Pane di Gaggio (Marcon), le fantasie dei cicchetti di pesce della Pescheria Gastronomia di Piazza don Antonio Sala, i formaggi e i salumi dell'azienda agricola F.lli Donadel di Mogliano Veneto e le pizze della Pizzeria Arrigoni di Zerman.
I cicchetti di pesce proposti da Adriana e Manuel hanno incantato occhi e palati : una frittura deliziosa, mai unta e croccante ; i crostini di baccalà mantecato e di crema di dentice ; le polpette di rombo. La selezione del pesce è qualitativamente ineccepibile ; la cucina di Adriana, per la gastronomia,semplicemente deliziosa.
La pizza Mediterraneo proposta dalla Pizzeria Arrigoni ha confermato le qualità delle proposte di Alberto, dopo la partecipazione televisiva a Master Pizza, in febbraio.
"Le nostre pizze" spiega Arrigoni “sono si il frutto dell’esperienza, ma anche di un lavoro di ricerca costante di farine di qualità macinate a pietra, su lievitazioni lunghe e naturali, prodotti italiani di eccellenza, su verdure biologiche. Accontentiamo tutti i palati e cerchiamo di tutelare la salute”.
La storia si perde nel tempo ma le radici restano. La famiglia Donadel si stabilì nelle terre vicino al fiume Zero proveniente dalla sinistra Piave, probabilmente dalla zona di Fontanelle di Oderzo, nei primi anni dell’ ottocento, in seguito alle guerre napoleoniche, per lavorare a mezzadria i terreni di proprietà dei conti Marcello.
L’unica ricchezza erano le braccia per lavorare, l’ amore per la terra e gli animali, la passione per questo lavoro,e la certezza che la fatica sarà sempre ripagata dal pane quotitidiano, perché la natura non delude mai se l’ uomo rispetta le sue regole. La famiglia è da generazioni legata a questi valori ed insegnamenti e anche oggi in qualche misura ricorda sicuramente le vecchie famiglie patriarcali dove tutti erano coinvolti nel lavoro della terra e nella cura del bestiame: oggi cinque fratelli, Nicola, Agostino, Filippo, Mario, Paolo, e una sorella, Sara, che collaborano per portare avanti l’ attività agricola; e con noi ci sono anche papà Pietro, mamma Teresa e lo zio Luigi, che ci hanno passato il testimone. Salumi, formaggi, carni pregiate : queste le eccellenze di casa Donadel.
sabato 25 luglio 2015
A Conegliano , la cucina della Carinzia con la gastronomia 'il Golosone'
Ci volevano la curiosità e la passione dei giornalisti e dei comunicatori dell'Associazione l'Altratavola, per scoprire a Conegliano, la gastronomia il Golosone.
La cucina carinziana ha conosciuto diversi momenti nelle giornate di informazione che i giornalisti e i comunicatori dell'associazione l'Altratavola hanno organizzato nel 2014, in collaborazione con l'associazione culturale Italia-Austria.
“Vino, sidro (“Most”) e distillati di frutta (“Schnaps”)- ci racconta Cristian Weger, nume tutelare della Gastronomia il Golosone di Conegliano, austriaco doc di Ossiach -, in Carinzia sono quasi sempre fatti in casa. La presenza di squisiti piatti a base di pesce d’acqua dolce nobilita le carte dei menù regionali. Le culture gastronomiche di tre regioni d’Europa (Carinzia, Friuli Venezia Giulia e Slovenia) hanno una forte influenza sulla cucina carinziana che utilizza principalmente prodotti freschi di provenienza locale per la preparazione di piatti gustosissimi. Come è d’obbligo per ogni cucina davvero autentica, anche per l’interessante scelta della cucina dell’Alpe Adria gli elementi base sono costituiti dalle varie particolarità regionali e dall’offerta stagionale. Il buon gusto non conosce frontiere! Basta una gita gastronomica nei territori confinanti di Slovenia e Italia per incontrare piatti “parenti” delle specialità tipiche carinziane. I “Kärntner Käsnudel” nella variante italiana vengono serviti come ravioli o tortelloni; la “Pohaca” slovena e la gubana del Friuli assomigliano molto al tipico dolce carinziano “Reindling”, una torta lievitata ripiena di uva passa, cannella e zucchero. Tra le tante speciali delizie di stagione della Carinzia si annovera l’asparago della Lavanttal che viene raccolto a mano già ai primi d’aprile. Lo si può acquistare presso i mercatini settimanali oppure direttamente presso le aziende agricole. Inoltre i ristoratori della zona creano piatti deliziosi a base di asparago della Lavanttal. Un altro esempio di ottima cucina di stagione in Carinzia sono le specialità autunnali a base di selvaggina cacciata nelle foreste del land, soprattutto caprioli e cervi. La selvaggina della valle Metznitztal è particolarmente apprezzata e rinomata. Alle stagioni che scandiscono l’attività agricola, in Carinzia sono strettamente legate diverse tradizioni religiose che hanno influenzato la cucina regionale: lo testimoniano ad esempio la caratteristica “Osterjause” (spuntino di Pasqua) con prosciutto, rafano e dolce “Reindling”, la zuppa “Kirchtagssuppe”, che ha il colore del tuorlo d’uovo, e la croccante oca “Martini-Gansl” delle aziende agricole biologiche carinziane. Tra i piatti che si gustano in ogni stagione dell’anno si annoverano innanzitutto i famosi tortelloni carinziani “Kärntner Käsnudel”, un piatto tradizionale con ripieno di patate e ricotta, a cui la menta e il cerfoglio conferiscono un sapore inconfondibile. Il ripieno è diverso da una zona all’altra del land, e la sua ricetta viene spesso tramandata dalle madri ai figli. “
Cristian è giunto in Italia da diversi anni ed ha saputo proporre nella sua gastronomia una cucina semplice, familiare.
“ Il più bel complimento che abbia ricevuto è quello di una cliente che mi ha confidato che i suoi ospiti a convivio si erano complimentati per la cucina casareccia!”.
Stagionalità dei prodotti ; assoluta qualità degli ingredienti ; variazione dei menù : questi i piccoli segreti di Cristian e.... una disponibilità ineguagliabile al dialogo e al consiglio enogastronomico.
Nelle giornate italo-austriache , Cristian è stato invitato a interpretare il menù de Il Gusto Italiano Lab, il prestigioso punto di incontro di giornalisti italiani ed europei promosso dalla rivista Il Gusto Italiano Magazine.
Alla Trattoria da Bosa, con le carni irlandesi e i vini de La Callaltella
Lo stage di
'Comunicare per Esistere 2015' (la speciale iniziativa di
informazione promossa dalla rete dei borghi europei del gusto), nelle
terre della Callalta, si è aperta con un incontro a convivio
presso la Trattoria
da Bosa, in località Chiesa Vecchia a Monastier
Tiziano Bonora ( il
'mago' della griglia) e Cristina D’Este ( la 'padrona' della sala)
hanno saputo creare un ambiente molto semplice, in un clima familiare
e rilassato.
L'azienda agricola
La Callaltella ha voluto ospitare Giuseppe Gaspari , giornalista e
blogger 'Palato Anarchico', per far degustare le carni di casa, ben
accompagnate dai vini di propria produzione.
La Trattoria è
infatti conosciuta ed apprezzata per la classica grigliata di carne e
per la costata ai ferri, che viene proposta in tagli “pesanti”
che vanno dai 700 grammi fino al chilo, di ottima qualità e ad un
costo abbastanza contenuto.
Cristina ha spiegato
di utilizzare la carne irlandese.
“La carne
irlandese e’ ormai universalmente riconosciuta tra le piu’
rinomate e ricercate, questo grazie anche al mantenimento di metodi
agricoli tradizionali. Il bestiame pascola, infatti, liberamente per
gran parte dell’ anno.
L'Angus irlandese è
quotata come una delle migliori carni del mondo, grazie alla qualità
della produzione,essendo considerata una carne “da erba” e quindi
fonte preziosa di ferro, zinco, vitamina B e di altri grassi acidi
essenziali. Grazie infatti alla produzione ‘naturale’, l’angus
irlandese, risulta essere meno grassa, rispetto alle altre carni e
meno calorica e più ricca di acidi grassi Omega-3 e Omega-6, di CLA,
vitamina E, A e carotenoidi. Inoltre l’Irlanda, possiede una grande
estensione di calcare, la più grande in Europa e, come è noto, la
presenza del calcare migliora le proprietà nutritive dell’erba da
pascolo.”
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